Venerdì 22 aprile 2016, 11.00-13.00 (Aula Magna)
Shakespeare’s Sonnets
translated by Carlo Maria Monti
Introduction by Laura Orsi
«Occorreranno ancora anni di studio e molte competenze, prima di tutto nell’ambito delle lingue antiche e moderne, ma la strada è tracciata e già tanti tasselli stanno riempendo spazi a lungo rimasti vuoti: la cultura umanistica, la conoscenza delle lingue, la formazione biblica, la conoscenza dei miti e delle fonti classiche, anche quelle meno prevedibili, l’attrazione per l’Italia e il Mediterraneo. In aggiunta alla padronanza di numerose lingue, i fattori che rendono John Florio il più probabile Shakespeare, più di Christopher Marlowe, Sir Francis Bacon, il Conte di Oxford e Mary Sidney, Contessa di Pembroke, sono racchiusi in quattro parole, che proviamo a mettere in un ordine che rifletta il percorso educativo di Shakespeare in una linea a metà tra culturale e cronologica: Italia, Bibbia, Mediterraneo, mondo antico.
La traduzione di Carlo Maria Monti che qui si ripresenta, integrale, e con alcune variazioni rispetto alla prima edizione, è il frutto di un ascolto attento dei Sonetti di Shakespeare, un ascolto sin dalla prima edizione consapevole dell’assoluta familiarità di Shakespeare con l’elemento che più di ogni altro informa la civiltà rinascimentale, ovvero la conoscenza viva e autonoma delle tre lingue più decisive: il latino, il francese, e – last but not least – l’italiano, la lingua acquisita per ultima, storicamente, ma che fu poi a lungo la lingua “della distinzione”, per un inglese del tempo di Shakespeare e non solo. La qui descritta miscela di competenze permette a Shakespeare di essere sempre nella matrice viva della parola, di cui conosce il significato anche recondito, ovvero etimologico.
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